RIFLESSIONI SULL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE, ALLA LUCE DELLA TEORIA DELLE INTELLIGENZE MULTIPLE

Intervista a Howard Gardner

Immagine profilo Howard Gardner

Intellettuale tra i più influenti al mondo, noto per la teoria delle Intelligenze Multiple. È Hobbs Research Professor of Cognition and Education alla Harvard Graduate School of Education. Fondatore del Project Zero di Harvard, dirige il Good Project, che promuove l'eccellenza, l'impegno e l'etica nell'istruzione.

Lei ritiene che l’IA debba ispirarsi all’intelligenza umana o, invece, tracciare un suo proprio percorso di sviluppo?

Le possibilità dell’IA non saranno mai interamente sotto il controllo di un’unica entità. Coloro che progettano sistemi di IA potranno avere un dato insieme di obiettivi, ma gli stessi sistemi da loro progettati avranno il potenziale di evolversi in molteplici direzioni, non tutte anticipabili, né incoraggiabili, e né ostacolabili.

Se io progettassi sistemi di IA, vorrei che compiessero efficacemente ciò che sono in grado di fare e rinunziassero a problemi più complessi — le questioni etiche, ad esempio — riguardo ai quali non è ragionevole aspettarsi che l’IA possa essere d’aiuto alla condizione umana.

Idealmente, le intelligenze umane e quelle artificiali dovrebbero operare insieme. Ma a meno che gli esseri umani raggiungano presto un utile consenso sui loro stessi obiettivi più urgenti e importanti, questo è improbabile che accada.

Lei ritiene che l’IA possa sviluppare capacità simili a ciascuna delle Intelligenze descritte nella Sua teoria? Quali non possono essere replicate dall’IA?

Con riferimento alle “Intelligenze Multiple”, non ho dubbi sul fatto che i sistemi di IA padroneggino le principali forme di intelligenza umana: linguistica, logico-matematica, musicale, corporeo-cinestetica, spaziale. Trovo, invece, piuttosto difficile accettare l’idea che l’IA possa manifestare in modo significativa le “Intelligenze Personali”, che sono la comprensione di sé e degli altri.

Perché: CHI SAREBBERO realmente questi “sé” o questi “altri”?

Inoltre gli esseri umani vivono, nel tempo, una grande ricchezza di esperienze personali e dall’inizio della vita sino al momento della morte sono esposti a un’ondata di emozioni.

I sistemi di IA possono “simulare” queste esperienze, ma solo gli individui di carne e sangue, e con una durata di vita limitata, non superiore a un secolo, possono realmente sperimentarle.

Con quali criteri identificherebbe la CREATIVITA’ in ambito umano piuttosto che tecnologico?

Qualsiasi sistema – umano o artificiale che sia – può essere creativo, se produce un prodotto, processo o intuizione che precedentemente non erano noti.

Ma per ottenere veramente gli effetti della creatività, questo stesso prodotto, processo o intuizione deve essere considerato utile dalle parti interessate. Sino ad oggi le parti interessate sono gli esseri umani, ma è concepibile che un sistema di calcolo sia in grado di giudicare autonomamente che cosa è veramente creativo e come rapportarlo alle conoscenze e alle cose già esistenti. In questo caso a giudicare non sarebbero gli esseri umani, ma gli obiettivi del sistema di IA.

In che modo l’”Intelligenza Esistenziale” potrebbe plasmare lo sviluppo dell’IA?

Considero e definisco “Esistenziale” l’Intelligenza delle grandi domande, quelle che vengono sollevate dai bambini curiosi, o anche da filosofi, teologi e altri che riflettono sui quesiti più ampi e profondi: “Chi siamo?” “Perché siamo qui?” “Quale sarà il nostro futuro?”

I sistemi di IA possono certamente formulare queste domande. Ma gli STAREBBERO DAVVERO A CUORE le risposte? E questo interesse è qualcosa che si può SIMULARE?

Quali potenzialità evolutive vede nell’IA?

Fino a questo momento della storia l’evoluzione più lenta è stata governata dalla biologia (darwiniana) — mentre quella un po’ più rapida, della cultura e del pensiero, è stata governata dagli esseri umani che popolano il Pianeta.

Molto probabilmente, programmi e dispositivi di IA genereranno nuove procedure, domande e risposte che noi esseri umani non abbiamo previsto prima — e che potremmo apprezzare, disprezzare o temere.

Non vedo l’evoluzione dell’IA come governata da alcun codice morale — siano i Dieci Comandamenti o una moderna costituzione governativa.

Naturalmente, in linea di principio anche qualsiasi individuo, società o l’intero Pianeta possono creare nuovi prodotti o processi sia straordinari che orrendi. – quindi la questione fondamentale riguarda chi ha il POTERE e gli STRUMENTI per guidare o controllare tali creazioni in modo appropriato.

Non credo che i sistemi di IA si svilupperanno sulla base delle tradizionali arti, scienze e discipline. È vero, invece, che potranno sviluppare particolari tipi di competenze in base ai contenuti che li alimenteranno, alle questioni e ai problemi che verranno loro posti.

Prendiamo ad esempio la Musica classica: esaminando le opere di Beethoven, un sistema potrebbe creare una X o una XI sinfonia. Beethoven, che morì nel 1827, compose nove sinfonie ma nessuno dopo avere ascoltato le prime otto avrebbe potuto anticipare la IX, che è nata dal contesto di quanto accadeva nel mondo di Beethoven nel terzo decennio del XIX secolo.

Come considera il futuro ruolo dell’IA in campi come l’arte, la scienza e la società, nel contesto delle Intelligenze Multiple?

Ottimo come partner, accettabile come concorrente, deplorevole come distruttore.

Qual è il potenziale dell’IA con riferimento a campi specifici dell’intelligenza umana?

L’IA ha già sorpassato l’intelligenza umana in parecchi campi. Per esempio, i programmi di IA sono superiori a Scacchi o a Go, dove vincono anche sui migliori giocatori umani.

Però questo non impedisce agli esseri umani di continuare a giocare, a impegnarsi, e magari anche a migliorare in quei giochi…

L’IA potrebbe sviluppare una forma di Intelligenza Collettiva capace di interagire con le migliori Intelligenze Multiple umane e potenziarle in ambiti quali il lavoro di squadra, la risoluzione dei problemi sociali o la comunicazione interculturale?

Idealmente sì, ma solo se ciò sarà governato con saggezza. Come si chiedevano gli antichi Romani: “Quis custodiet ipsos custodes?” (Chi sorveglierà i sorveglianti?).

Qual è la maggiore sfida per le future generazioni che devono prepararsi a prosperare in un mondo popolato da intelligenze diverse?

Devono comprendere cosa l’IA può fare, cosa dovrebbe fare e cosa NON dovrebbe fare…a meno di essere supervisionata e regolata da esseri umani lungimiranti.

Non si tratta di perdersi nei dettagli di particolari tematiche o discipline. Si tratta di capire COME funzionano, COSA possono fare e cosa NON possono o non dovrebbero fare.

Senza voler citare l’azienda che oggi porta quel nome, io chiamo questo approccio META-conoscenza, ovvero conoscenza SULLA conoscenza.

Come bilanciare lo sviluppo delle Intelligenze Multiple con il crescente focus dell’Istruzione sulle competenze tecniche e le STEM?

Ciò su cui focalizziamo l’Istruzione è sempre una sorta di balletto tra ciò che i leader della società considerano importante e degno di tempo e risorse e ciò che vogliono dall’Istruzione gli individui, che sono cittadini ed elettori.

Quindi, se una società attribuisce valore alle arti, alle discipline umanistiche e alle scienze più “soft”, queste verranno inserite nell’offerta di Istruzione e gli individui le sceglieranno e impareranno ad apprezzarle e amarle. Ma, a mio avviso, se la società NON attribuisce loro valore, queste discipline, competenze, materie e risorse sono – ahimè – progressivamente destinate a scomparire.

Senza spingere troppo l’analogia, possiamo fare l’esempio della Religione. Questa non ha un valore economico chiaro e diretto come l’Ingegneria o l’Informatica. Ma se una società (o parte di essa) le attribuisce valore, allora manterrà il suo ruolo, nel sistema educativo e in generale nella comunità.

Come la Sua teoria dovrebbe servire a rimodellare le pratiche e gli approcci allo sviluppo delle Risorse Umane?

La teoria delle Intelligenze Multiple è stata sviluppata 40 anni fa. Con modesti aggiornamenti, ritengo sia a tutt’oggi la migliore descrizione della ricchezza dell’intelletto umano. Non vedo favorevolmente una sua applicazione rigida allo sviluppo delle persone sul posto di lavoro. Ma è altresì chiaro che se i Dipartimenti HR riconoscono la molteplicità delle intelligenze e dei talenti delle loro persone sono consapevoli della loro importanza, e si impegnano a definire incarichi e tipologie di performance che riflettono profili diversificati di capacità umane, sia il lavoro che la vita ne traggono beneficio.

Limitarsi, invece, a considerare una SINGOLA misura di intelligenza, come il test del QI, e prendere decisioni in base ai punteggi di quell’unico indice di intelligenza porterà ad avere molte persone insoddisfatte e un ambiente di lavoro angusto, statico, non orientato a svilupparsi, né a generare eccellenza.

Lo sviluppo dell’IA sollecita la riflessione sulle qualità umane, la comprensione della complessità, dell’interdipendenza e dell’empatia, una ridefinizione dell’intelligenza e l’esplorazione della coscienza. Potrebbe, quindi, essere anche visto come un viaggio verso una migliore comprensione di noi stessi e del nostro posto nel regno della vita? Cosa ne pensa?

 Una speranza, ma potrà realizzarsi solo se partirà dalla saggezza e se imparerà dall’insensatezza di precedenti tentativi di affrontare gli aspetti più sottili della mente umana.

L’IA e la scienza dei dati potrebbero essere impiegate per studiare le complessità dell’intelligenza nelle specie non umane, offrendo nuovi spunti sull’intelligenza stessa, sulla sua evoluzione e su come definire gli “esseri viventi” oltre una prospettiva antropocentrica? Cosa ne pensa?

Si veda l’articolo “WHO OWNS INTELLIGENCE?” di cui sono coautore con Shinri Furuzawa e Annie Stachura e in cui esploriamo in profondità le intelligenze ipotetiche di animali, piante e IA.

Quali strategie suggerirebbe per garantire che l’IA venga sviluppata e implementata in modo tale da migliorare il potenziale umano e la vita di tutti noi, invece che esacerbando le disuguaglianze esistenti?

È tragico che l’IA stia affermandosi proprio mentre il nostro Pianeta è sempre più governato da OLIGARCHI invece che da NORMALI CITTADINI, magari anche ben informati e motivati a fare del proprio meglio.

Non è necessario arrivare a un sistema oligarchico o autoritario e spero che non si debba ricorrere a una rivoluzione sanguinosa per ripristinare un mondo più democratico ed egualitario.

Esiste un’intelligenza “chiave” tra le intelligenze umane che Lei ritiene vada ulteriormente studiata e sviluppata per potere affrontare le sfide poste dall’IA?

Se avessi qualche decennio davanti e una generosa borsa di ricerca mi concentrerei sulle due Intelligenze Personali –Interpersonale e intrapersonale – e sull’ipotizzata Intelligenza Esistenziale, quella delle grandi domande. Queste intelligenze offrono la strada migliore per arrivare a comprendere la natura, il potenziale e i limiti dell’IA.

Lei sostiene da sempre l’opportunità di adattare i metodi educativi alle intelligenze individuali. Qual è lo stato dell’arte e quali opportunità vede nello sfruttare tecnologie come l’IA e il Machine Learning per creare sistemi o piattaforme in grado di valutare le capacità cognitive ed emotive di ciascun individuo e di adattare i processi di apprendimento all’unicità dei suoi punti di forza e di debolezza?

Qualsiasi critica si possa muovere all’uso di computer e IA nel mondo dell’Istruzione, entrambi rappresentano un DONO per l’apprendimento personalizzato.

In passato un singolo insegnante doveva lavorare con venti, trenta o persino sessanta studenti in una classe.

Oggi ogni individuo può usufruire di un programma educativo personalizzato.

Inoltre, in passato solo gli insegnanti più preparati erano in grado di spiegare un concetto, un processo o un problema complesso in modi diversi. Gli attuali sistemi computazionali presentano qualsiasi concetto o argomento in molteplici modalità, e queste possono persino adattarsi in tempo reale se, ad esempio, un dato approccio pedagogico si dimostra più efficace di un altro… per quel dato bambino o per molti bambini.

Auspicherebbe un contributo delle neuroscienze in un simile approccio?

Ho impiegato vent’anni a studiare il cervello umano e non me ne sono mai pentito. Tutta la teoria delle Intelligenze Multiple si basa anche e in modo significativo sull’organizzazione e la differenziazione del cervello umano. Sono sicuro che le neuroscienze miglioreranno la nostra comprensione di tutte le forme di intelligenza, comprese l’VIII e la IX Intelligenze Multiple. Almeno in linea di principio saremo in grado di studiare il cervello umano in modo non invasivo sin dalla nascita o persino prima della nascita.

Naturalmente la conoscenza non va immediatamente tradotta in azione. Ma più comprenderemo come funziona la mente umana e dove originano i suoi problemi, più probabilità avremo di potere usare l’IA per compensare i limiti di un particolare cervello e per valorizzare i punti di forza di altri particolari cervelli.

Se io fossi nella mia terza decade di vita, studierei la cognizione dal punto di vista dell’IA e delle Neuroscienze.

Qui vale la pena osservare che nel 1975 ho pubblicato un libro intitolato THE SHATTERED MIND sulle funzioni cerebrali e nel 1985 ho pubblicato THE MIND’S NEW SCIENCE, che conteneva capitoli sulle neuroscienze e sulle scienze cognitive (informatica).

Forse, avevo, già un presentimento di quanto sarebbe avvenuto in futuro.

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